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Premessa
Oggi, in quella che potremmo considerare, l’era dell’efficientismo, risulta quasi inappropriato parlare di riposo. Siamo stati cresciuti sul paradigma del “fare”, per cui nel momento in cui non facciamo, allora ci sentiamo inutili. Questa parola (“inutile”) letteralmente significa “senza alcuna utilità, incapace di fornire un utile”. Lo schema che tiene conto dell’utile è il ragionamento tipico del commercio, è ciò che muove e fa andare avanti l’economia. L’essere umano, però, non può ridursi a quella parte del commercio che si chiama “merce”. Partendo dal presupposto che l’essere umano debba essere utile, infatti, si potrebbe tranquillamente arrivare a dire che le relazioni sono semplicemente una compravendita di idee, sentimenti, emozioni, pareri, scelte… ma nel momento in cui l’altro non mi è più utile, allora lo mollo e cerco un’altra persona da “usare”. In altre parole, divento una sanguisuga di relazioni. L’umanità non può, quindi, riassumersi al paradigma dell’utilità. Ma allora, se noi non siamo nati per essere utili, per cosa siamo al mondo? La risposta che mi sento di dare, da cristiano, è quella per cui noi siamo stati creati per amore e l’obiettivo che dovrebbe essere costante nella nostra vita è quello di amare e lasciarsi amare. L’amore, a differenza del commercio, non si basa sul paradigma dell’utile, ma su quello della gratuità: amare significa donarsi, senza chiedere nulla in cambio.
Uno sguardo biblico
Ma torniamo al discorso iniziale: l’importanza del riposo. In realtà, a essere davvero onesti, quando ho fatto i corsi di formazione sul lavoro veniva spesso impiegato del tempo per approfondire l’importanza del risposo, in fondo si sa, chi riposa bene, tendenzialmente, riesce anche a lavorare bene. Il riposo può considerarsi, dunque, edificante e, addirittura, produttivo. Il riposo di Dio potremmo definirlo persino “creativo”: “Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando” (Gen 2,3). In effetti, il riposo di Dio completa la creazione, avviene infatti nel settimo giorno. Il numero sette, nella numerologia biblica, indica la pienezza, la perfezione, la completezza. Il riposo del settimo giorno ci rimanda a Esodo 20,8-11: “Ricordati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato”. I cristiani hanno poi identificato il settimo giorno nella domenica, ma per i giudei è il sabato. In realtà, il sabato per i giudei era da considerarsi non solo un giorno che prevedeva un rito sacro, ma rappresentava una delle tre maggiori istituzioni giudaiche: il Tempio di Gerusalemme (luogo sacro per eccellenza, essendo il giudaismo una religione templare), la Torah (ossia la legge, rappresentava il modo con cui si doveva amare Dio) e il sabato o “shabbat” (giorno del riposo e dedicato a Dio). Infine, il settimo giorno è l’unico che Dio benedice e consacra, cosa che non troviamo nei primi sei giorni. Il giorno del riposo coincide con il giorno del termine della creazione, coincide con una numerologia biblica importante, ma ancora di più coincide con la benedizione e la consacrazione di Dio.
Il significato del riposo di Dio in Genesi
Quando ci apprestiamo a leggere la Bibbia dobbiamo tenere conto di vari aspetti, quali: il genere letterario, la provenienza degli autori, l’uditorio a cui gli autori si stavano rivolgendo, lo scopo degli autori… tutti questi scrupoli, quando stiamo davanti alla Parola di Dio, servono per non compiere errori, talvolta grossolani, di comprensione del testo. Il rischio potrebbe essere, ad esempio, ricavarne un’interpretazione fideista, ossia anteporre la fede alla ragione per sfociare poi nel credere all’assurdo. La fede cristiana non può coincidere con l’assurdo, a questo servono materie come la filosofia, la teologia o il biblismo. Il compito di queste scienze è proprio quello di indagare sulla natura di Dio, sulla sua rivelazione, sulla salvezza, sui misteri divini… attraverso il puro uso della ragione. Indagare attraverso il dono dell’intelletto implica non poter credere all’assurdo.
Per quanto riguarda il Libro della Genesi dobbiamo comprendere che spesso i termini in esso utilizzati sono metaforici, e fine ultimo della narrazione della creazione non è spiegare in che modo Dio ha creato, ma perché Dio ha creato il mondo. È infatti improbabile che il mondo, praticamente per come lo conosciamo oggi, sia stato creato in soli sei giorni. Sì, sei giorni, perché abbiamo detto che il settimo giorno Dio si riposa. Ma in che senso? L’esperienza del riposo, infatti, è un’esperienza che può fare un essere umano o un animale, cioè quelle creature che fanno l’esperienza della fatica. Ma Dio si affatica? E allora, come si spiega il suo riposo? In effetti, a ben guardare, Dio non si riposa nemmeno il settimo giorno: in esso, infatti, egli benedice e conserva tutta la creazione (manda la pioggia, fa germogliare le piante…). Il fatto stesso che Dio benedice non è qualcosa di irrilevante, infatti, la benedizione di Dio è in grado di produrre. La benedizione di Dio crea. Questo riposo, poi, è richiesto anche all’essere umano così che, in quel giorno, Dio possa benedirlo. Con quest’ultima precisazione vorrei concludere questa riflessione con una bella citazione di Sant’Ambrogio: “Grazie dunque al Signore Dio nostro che fece un’opera ove egli potesse trovare riposo. Fece il cielo, ma non leggo che ivi abbia riposato; fece le stelle, la luna, il sole, e neppure qui leggo che abbia in essi riposato. Leggo invece che fece l’uomo e che allora si riposò, avendo in lui uno al quale poteva perdonare i peccati” (Exam., 6,10).