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Un attimo

Tempo di lettura: 15 minuti

Non so perché, ma nella volta della bocca sento un morbido sapore di saliva che si manteca dolcemente. Le labbra chiuse in silenzio ostacolano il sudore salato intento a sprofondare lungo le curve del volto, raggruppandosi di volta in volta in perle trasparenti in attesa di riprendere la corsa tra labbro e naso. Sussultano e in altri casi scivolano lungo la carne, gocciolando o convergendo verso i piedi. Tra le vene verdoline in bella vista e le dita senza calli, attendono che appoggi la pianta nella sabbia gelatinosa o la lingua del mare baci il mio corpo fino alle caviglie con le sue fusa. 

Nel contempo, contemplo un solletico soave, lento, scivolare sulla mia figura come un dito il cui polpastrello scorre sul collo. Un vento lieve arriva ai fianchi della testa, a portare refrigerio alle tempie rosolate dal sole e alle ciocche impastate dalla salsedine. Noto inoltre che la giornata possiede una luce particolarmente serena e avvolge placidamente il lido la cui sabbia calante si inabissa nelle acque per poi rispuntare. 

Viene lasciata solo un’ombra brillante dove il mare ha steso la sua forma, un panno che passa la cera perché risplenda la sabbia, riuscendoci. Forse anche a causa delle conchiglie sbriciolate e disseminate sulla riva. Sembrano lacrime di vetro in controluce, ma appena ti avvicini ritornano ad essere schegge morte e rotte. 

Mi giro indietro e vedo le mie ombre rimanere per poco. Subito l’acqua fresca vi scivola sopra, livellando pian piano la superficie, ma non tutta. Oltre la linea dei detriti di alghe e conchiglie dove si arrendono le onde, più ci si addentra in direzione della pineta e più si formano buchi e dossi di sabbia che aumentano man mano fino a diventare piccole colline butterate. 

Queste sono costellate da steli d’erba secchi e terminano in una pineta verde brillante, ultimo confine dell’orizzonte senza ombrelloni o altri stabilimenti balneari. Per terra, un grumo di rovi di more impolverate avvolge la base degli alberi; sopra aghi imbruniti e foglie scure di altre pianticelle imbiancate dalla sabbia. Al contrario, il resto del fusto arido rimane immacolato, ruvido e marrone. Gocce di resina brillano sulla scorza lentamente erosa dalle piogge e dalla salsedine, croste unte. Dai rami spinosi pendono alcuni frutti svuotati, imitando dei piccoli alveari abbandonati all’ombra di grosse volte di aghi verdi che dondolano.

Da dove sono io si può afferrare a malapena il loro odore che viene ingoiato gioiosamente dal salato del mare. Un odore particolare, indefinito, che sale dal suolo, che si insinua nelle mie narici come una nuvola di vapore appiccicosa. Anche sudare è faticoso, paradossalmente, dato che i miei capelli si sono incollati tra loro una volta asciugati. 

Che schifo! 

Bello tutto, ma non capisco cosa ci trovi lei di interessante. “Ti prego, facciamo una passeggiata”, “Dobbiamo parlare” … Aaaaaah! Che due! La nostra specie ha litigato con la natura dall’alba dei tempi e ora ci vogliamo tornare. Alcuni addirittura che credono di capirla e di poterci vivere in armonia, che idioti. 

E quanta ne gira. 

Sistemo i capelli ondulati e biondi perché non mi si incollino alla fronte.

Sposto involontariamente l’attenzione di fronte a me.

Lei sta ancora rileggendo il suo foglio accuratamente e punta con insolita sicurezza le parole con la penna di plastica trasparente, lo zaino blu in spalla, il costume a due pezzi blu indosso. I capelli legati in una treccia nera che oscilla al ritmo del suo pensiero, leggermente sfibrata ma continuamente e insistentemente ricostruita. 

Ma quanto ci mette? 

  • Hai finito?
  • Ovvio che no.

“Ovvio che no”.

È un sacco che sta scrivendo, dovrà pur finire ad un certo punto. 

  • Quanto ne hai ancora?

Continua a camminare sulla punta della penna, sul filo della sua scrittura. 

Sulla sabbia i segni dei suoi passi sgraziati.

  • Ehi …

Mi ignora. Procede sicura.

Le gambe bianche sventolano veloci sulla sabbia.

  • Ehi, mi hai-
  • Senti, non lo so, va bene.

Si gira.

Le lentiggini.

Il naso piccolo e paffutello.

Le gote sottili e gli occhi taglienti, allungati.

Le orecchie un po’ piegate in fuori. 

  • È complicato. Ci vuole tempo a focalizzare cosa scrivere.

Non è come un messaggio. Questo è un piano, un vero piano. Deve essere l’insieme di tutta la nostra esistenza, ogni singola cosa, emozione e pensiero. 

Mi agita di fronte l’indice.

  • Nessuno lo dimenticherà dopo averlo letto.

Sbatte, vibranti, le palpebre. 

  • Nessuno lo dovrà dimenticare.  

Ma …

  • … io ci ho messo la metà del tuo tempo. 

Solleva le spalle e frulla ancora i palmi quasi mimando quello che deve dire.

Si gira per procedere.

  • Non ho colpa se hai pochi sogni.

Non pochi, quelli essenziali.

Che senso hanno mille sogni se non ne puoi realizzare nessuno? Basta averne un pugno, pochi e sufficientemente fattibili per avere delle soddisfazioni. Ad esempio, un buon lavoro, una famiglia, una casa … cose così. Moderazione è il segreto della felicità. Ma a lei non ha senso dirlo.

Già, lei decisamente non lo capirebbe. Meglio continuare a camminarle dietro.

La vedo ruotare la penna nervosamente tra le dita e poi muovere la mano fino alla bocca per tamburellare le labbra, indecisa.

  • Credi che la luna di miele sia meglio in Salento o alle Canarie?
  • Boh, è uguale.

Sospira, orientando il capo al cielo.

  • No, non è uguale, altrimenti si chiamerebbero allo stesso modo.

Che accento stizzito …

  • Infatti sono detti “posti turistici”.
  • Se per questo ogni posto sulla terra è un “posto turistico”.

Certo, come no, deve avere sempre l’ultima parola lei.

  • A quanto pare …

I suoi piedi scendono calcolati sul terreno.

Creano tagli scomposti sulla sabbia.

Equazioni eleganti ed involontarie.

Si ferma ed aspetta che arrivi.

Senza neanche guardarmi.

  • Sarei più veloce se mi dessi una mano.
  • A far cosa? Scegliere delle cose assolutamente superficiali per dei piani che non si realizzeranno mai?

Scuote il capo e ritorna a camminare scrivendo qualcosa.

  • Te l’ho chiesto io. Dovrebbe bastarti se mi ami davvero.

E ora i ricatti.

  • Lo so che me l’hai chiesto tu, ma-
  • Senti, non farti domande inutili. Comunque, ho scelto: Salento. 

Ma …

  • Ehi, scusa un attimo!

Le afferro la mano.

La tiro verso di me con la penna e il foglio ancora nella mano.

Le spalle imperlate di sudore scappano dentro il costume e lo zaino vecchio e stropicciato le si schiaccia addosso.

Le sue cosce lisce che mi toccano per un attimo le ginocchia sbucciate. Si immobilizzano i suoi muscoli deboli e decisi.

Schiaccia a sé il quaderno, muovendo lo sguardo in alto verso di me. 

Le lascio la mano d’istinto.

  • … non potremmo, ecco … fare qualcosa di più divertente? 
  • Tipo?
  • Tipo … tipo …

La sua statura marmorea mi fa tremare

  • Tipo goderci questo bel paesaggio?! Chiacchierare magari …
  • Perché?

Ballano poco le gote.

Incutono terrore.

Sensualità.

Perché … perché …

  • Per fare qualcosa di emozionante, ecco …
  • Ma stiamo già facendo qualcosa di davvero emozionante. 

Picchietta il foglio agitandolo dolcemente e girandosi per andare avanti.

  • Stiamo praticamente vivendo il nostro intero futuro insieme in poche ore. Ti rendi conto o no della tremenda potenza della carta? Possiamo sognare senza dormire e sperimentare sensazioni infinite senza aspettare una quantità improponibile di tempo tra una e l’altra.
  • In pratica stiamo viviamo un’illusione.
  • In pratica stiamo vivendo un sogno. Non fa male a nessuno!
  • Ma potremmo fare tante altre cose divertenti meno, come dire, astratte?!

Compatta un attimo le labbra.

Le guance bianche si gonfiano ancora di più.

  • Davvero? Me le immagino: andare alla sala giochi, andare a fare un giro tra le bancarelle. Divertenti, davvero …
  • Ma sarebbero cose vere!
  • Già, VERAMENTE noiose. Non sono cose speciali e io voglio una vita speciale, anche se immaginaria.

Cerca di ricordartelo mentre ti fai le tue pippe sulla natura, eh. 

Ma, ma! 

Calmati, calmati, calmati, calmati.

Con lei è inutile. Ha ragione lei, punto!

Niente da fare.

Ha ragione lei!

Ha sempre ragione lei …

  • Va bene, come vuoi. Come dici tu. Hai ragione.
  • Bene. E allacciati il costume.

Riprende a camminare, la treccia sfilacciata ciondola dietro le spalle. Come vuoi principessa … Mi sistemo il costume e chiudo i lacci. Già che ci sono mi do una pettinata alle ciocche con le dita.

Mi muovo anch’io e la sabbia digrigna i denti e il mare borbotta piano sulla spiaggia. Il vento mi mormora nel muso mutandosi in un commovente rumore. Le alghe mi sfottono pizzicando i talloni. Posidonia su posidonia. Disgustoso …

E lei mi sto di fronte, sinuosa e sicura. 

Perché le vado dietro? Perché l’assecondo? È insopportabile quando fa così! Così rigida, esasperante e cocciuta! Eppure … c’è una potente sensualità che l’avvolge. Non è erotica, no, neanche bellissima. Ha un … non so come definirlo, atteggiamento forse? Un atteggiamento così potente … così … boh, qualcosa. 

Ho visto tante ragazze belle non essere in grado di scintillare e ho visto tante ragazze intelligenti non essere in grado di esprimere la propria intelligenza. E lei, lei non è un genio, né una modella, non ha nessuna caratteristica straordinaria però … ha un non so che … forse per la sua enorme cultura, forse per la sua decisione.  Nah, non riesco a capire cosa possa creare una chiarissima alchimia, terrificante e attraente. Alle volte penso che sia insopportabile, ma lo fa perchè mi vuole bene. E la cosa mi lacera e mi strega.

E ogni volta che mi terrorizza, mi offende, ho come l’istinto di baciarla. Di sentire le sue labbra premere contro le mie e sentire il suo respiro solleticare le mie guance. Poi chiudere gli occhi e sentire quella sensazione, quel brivido della sua lingua schiacciare la mia, le sue mani sul mio petto, le gambe, la vita e le mie braccia avvolgerla in una piroetta.

Ma quando mi avvicino, lei si allontana. Voglio fare qualcosa e lei che me lo critica e propone qualcos’altro. E adesso decide di scrivere su una vita che non faremo! Va bene che le piacciano i libri, ma non ci credo che li preferisca a me!

Lo odio, lo detesto!

Insomma, un istante che sia uno! È mai possibile che non possa mai esistere un istante di confronto?! Non facciamo nessun passo avanti. E quando si potrebbe, e si potrebbe, almeno avere un bacio a stampo, niente. Lei deve fare sempre quello che le pare. Deve sempre castrarmi. Odio questa sua certezza, questo suo comandare, ma non riesco a smettere di seguirla. Dio mio …

Una folata mi soffia in faccia.

Affumica gli occhi di salsedine e sabbia.

Bruciano!

Mi sfrego con i palmi secchi le palpebre sabbiose.

Ci mancava solo questa! Solo questa! Solo questa ad una situazione oggettivamente di merda! Del cazzo! DELLA MINCHIA!

Stropiccio ancora le orbite con le dita per farle piangere.

Fanculo …

E poi ora le vacanze stanno finendo e dovrò cominciare pure a fare i compiti prima o poi. Invece, me ne sto qui a fare da consulente matrimoniale a una ragazza! Se avessi saputo che era così una relazione sarei rimasto in casa a giocare alla Play.

Si gira ancora.

  • Pensi che starei meglio con un vestito da sposa bianco o rosa?

Ma che ne so! Ho 16 anni!

  • Quale ti piace?
  • Se te l’ho chiesto è perché non lo so, insomma. Mi vuoi dare una mano si o no?

Eccole le sue frecciatine! Sempre acide come il succo di limone negli occhi.

  • Bianco.

Si volta verso di me annuendo.

Ha arrotolato il labbro inferiore all’esterno, appiattendo il mento.

  • Davvero? Perché?
  • Perché … perché …

Serve qualcosa di credibile.

  • Perché esalta i tuoi occhi.
  • Davvero?

Il suo sguardo è più che eloquente. 

  • È la scusa migliore che hai?

Va avanti e mi rivolge le spalle.

  • Sta meglio il rosa.

Il bianco è scontato.

E ALLORA PERCHÈ ME L’HAI CHIESTO?!

Non può andare avanti così! Non ce la faccio! Non riesco a dare un ordine ai miei sentimenti. E come posso risolverli senza che si faccia qualcosa? Mi intriga, la detesto e non riesco a capire perché.

  • Senti … io sono stanco di questa situazione, ok?! 

Si arresta.

Le sue gambe fanno perno.

Una specie di danza.

La coda che gira con un colpo di compasso.

Si gira e mi fronteggia.

Il contraccolpo della treccia, ritardato, rende il dinamismo spaventosamente veloce.

Le iridi solide mi fronteggiano e mi trema lo stomaco.

Le budella.

L’intestino.

Il cuore.

  • Allora?

Allora, ecco, allora.

Che dire.

Che fare.

Insomma.

È cosa di …

Gli squarci felini delle sue palpebre polpose pulsano veleno. Bloccano i miei movimenti e intorpidiscono i miei arti, impedendo ogni mia possibile via di fuga al calco di gesso della mia posizione attuale. La pelle bianchissima, anche se leggermente punteggiata dalle lentiggini, gira attorno al frutto dei suoi occhi, al pianeta dentro le sue palpebre che mi offre la vista del suo lato oscuro.

Sorride con la sola guancia destra. Mi si raggela il sangue.

  • Che c’è? Non hai la forza?

Tu, tu, tu, tu! Io …

Riprende un atteggiamento serio.

  • Se sei davvero stanco, abbi almeno la forza di opporti.

Io … io …

Si gira e ricomincia a camminare.

Rabbia. 

Rabbia!

RABBIA!

  • INSOMMA!

Si blocca e si gira verso di me.

Le parole si preparano per uscire.

Vomito incontrollato.

  • Non è possibile che sia sempre così! Io dico una cosa e tu fai un’altra!

Io voglio A e tu vuoi B, non è mai possibile un compromesso?!

Mi copri di acidità, critiche e frecciatine, credendo che io sopporti solo per il fatto che provi qualcosa per te! E il peggio che è vero …

Ma sopra ogni cosa mi terrorizzi, mi offendi, mi trascini e mi piacerebbe, mi piacerebbe sentire che tutto questo sia fatto anche per me. E invece no. È fatto per te.

Non ho molto tempo, la mia vacanza sta per finire e voglio godermela. Come è possibile che non ti vada bene niente? Come è possibile che mi trascini in giro, senza la minima possibilità di fare qualcosa?

  • Senti, bimbo.
  • BIMBO UN CORNO!

La vedo scossa.

Mi si attizza ancora di più la rabbia.

  • Non so perché mi piaci, non lo so davvero.

Ma come pretendi che possa seguirti o fare qualcosa per te se non mi presti attenzione.

  • Ehi, ma-
  • ZITTA!

La sua faccia ribolle d’improvviso.

Sì, arrabbiati! Te lo meriti!

  • Tu, tu sei tremenda! 

Stiamo sprecando il nostro tempo, i nostri istanti di felicità! A breve dovremmo andare a casa e non abbiamo neanche fatto una passeggiata nella città. Io non voglio sprecare la mia esistenza così!

Io ti amo! Ti amo quando mi offendi, mi deridi, quando mi dici ti amo! TI AMO COME LA CARNE, LE MIE OSSA, IL MIO MIDOLLO!

Ma se devi essere così, se devi essere così velenosa con me, meglio che smetterla qui.

Lei trema.

Cosa ho detto?!

Continuo.

  • Sì, che smetterla. Tu, non hai bisogno di me, hai bisogno che di un servo. Ecco perché sei rimasta sola per dei giorni sotto l’ombrellone!

Tu non hai bisogno di una persona che ti voglia bene, come me, anche solo per qualche giorno. Tu hai bisogno di un pupazzo, una marionetta. Non ti importa degli altri, te ne frega solamente di te stessa. Sei una-

  • Credi che mi piaccia?

Risponde sbiadita.

Stringo i denti.

  • Cosa ti dovrebbe piacere?! 
  • CREDI MI PIACCIA?!

Butta a terra il quaderno.

Rimbalza la penna meccanicamente.

Diventa rossa.

Il suo volto si sforma.

Piange nella spiaggia deserta.

  • Io non volevo fare questo. Volevo tante cose … 

Volevo essere felice, sposarmi, avere dei figli, una carriera da attrice, una da avvocato e una da politica, ma la vita è una e non ce la faccio. Solo organizzandomi ho la possibilità anche solo vederne un quarto di questi sogni. Non posso, non posso perdere tempo dietro a cose che non posso realizzare!  

Tu, tu eri diverso, diverso da tutti gli altri. Avrei voluto davvero vivere una vita con te, dall’inizio alla fine. E io che non volevo innamorarmi e poi non volevo che l’estate finisse … ma non è stato così …

Respira, ansima. 

Gli occhi schiacciati. Il viso paonazzo.

  • Una delle due. Mi bastava una delle due possibilità: non essermi mai innamorata di te o avere la possibilità di restare innamorata per sempre. Ma non è capitato.

Il destino … 

Ha gli occhi di chi è dispiaciuto per non aver tirato un dado e non aver tentato di vincere qualcosa di più. Quasi sollevata di non dover soffrire di più.   

  • … il destino ci ha dato solo un attimo. 

Si asciuga le lacrime.

  • Volevamo avere la possibilità di conoscerci? Non possiamo più. Come possiamo vivere spensierati dei secondi spensierati se poi dovremmo separarci? Ci diremmo “A preso” e quant’altro, ma sappiamo entrambi che ci dimenticheremo l’uno dell’altra e, se ci dovessimo incontrare, col passare del tempo saremmo tanto cambiati da essere due persone diverse … e non proveremo niente.

Resterà soltanto un amaro ricordo delle persone che eravamo, del legame che abbiamo avuto. Saremmo figurine, scatti bidimensionali, nella mente l’uno dell’altra.

E io mi sentirò sola ancora una volta, intrappolata in una vita che non voglio vivere, in una pelle che non voglio indossare! Dovrò attendere chissà quanto per trovare una persona che mi comprenda quanto te, che mi abbracci bene quanto te.

E che comunque non mi abbraccerà mai COME te.

Mi sventola difronte i fogli del suo desiderare.

Me li indica.

  • Ecco ciò che voglio, ecco perché lo faccio. Voglio vivere queste esperienze nello spazio di una pagina, nel tratto delle sue lettere.

Le cose che capirei, i pensieri che non afferrerei altrimenti …

Scrivere ti permette di vincere la morte delle tue esperienze e il loro scomparire. Capire le cose che la ragione non spiega e le sensazioni non fanno percepire. Rendere le cose finite infinite.

Io …

Si stringe le spalle.

Si gira dandomi le spalle.

  • … vorrei rallentare il tempo e avere i secondi per passare dall’essere innamorata di te ad amarti, ma è già finito tutto, è già finito il nostro tempo.

Mi guarda.

Ecco, gli occhi sono tremuli, lucidati, timidi, bambini, deboli. Scattano da una direzione all’altra, sono di una persona diversa.

  • Perché essere innamorati dura due secondi … l’amore … amore dura per sempre … ed esiste nello spazio tra un bacio alla mattina e una litigata su che cosa mangiare per pranzo.

E’ come …

E mentre dice questo e altre parole piange, si sfigura, si incurva e poi riparte a parlare. Le chiome dei pini chiosano qualcosa che non sento, il mare mormora, la sabbia sibila e io contemplo questa ragazza nuova che non avevo mai visto prima.

Un’onda un po’ più forte annuncia l’alta marea coprendomi le caviglie per poi colpire la spiaggia e scolorire il quaderno rimasto a frullare le sue pagine nel vento. Lei parla e parla e parla all’infinito. Fragile, insicura, debole. 

Quella ragazza forte, che credevo tagliente e impassibile, mi ha mostrato il suo volto nascosto. Un volto che ne nasconde altri, storie che non conosco, esperienze che non ho vissuto.

Capisco che mi sono innamorato di un’apparenza. Un’immagine sbiadita di una persona che non conosco, una estranea, una persona verso cui non provo niente.

Davvero questa è lei? È lei quella vera? O è uno sfogo di un momento? O è solo un frammento della lei che ho amato finora? 

Se solo avessimo più tempo.

Se non fosse tutto già finito.