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Il Diario di Gothra – 4

Tempo di lettura: 8 minuti

È successa una cosa molto triste. Anzi, mi correggo, ho visto una cosa molto triste avvenire a pochi passi da me. 

Si dice che vedere la sofferenza di qualcuno è estremamente doloroso, un forte senso di coesione con il mondo. Per me non è stato così.

Ti racconto.

Questo pomeriggio sono andato a vedere delle gare sportive. Dato che sia il Gran Tribunale che la Piazza dello Sport si trovano nella zona alto-destra di Gothra, ho deciso che avrei consumato la prima pausa direttamente in una stanza degli apprendisti. Roba semplice, niente vino, qualche alice in piastra con pepe rosa e buccia di limone grattugiata, focacce con olio e rosmarino, anguria e, lo ammetto, delle fette di bergamotto con lo zucchero. Sì, sono schizzinoso, il bergamotto lo prendo ancora con lo zucchero, ma il bambino che è in me ha avuto il sopravvento. 

Dopo, dato che i quartieri dei Cuneidardi sono sulla strada per andare alla Piazza, sono andato a mangiare a casa di Vittorioso. Lui oggi non è venuto al lavoro perché in mattinata era dovuto andare a ispezionare alcuni magazzini di sua proprietà, tanto che appena sono arrivato ci ha tenuto a farmi assaggiare i cetrioli caroselli coltivati nei suoi campi. Questo ti fa capire il lusso! Hai idea di quanta influenza si deve avere sull’Assemblea per farsi assegnare una coltura del genere? E li avessi sentiti! Tutta la bontà dei cetrioli senza quell’amaro tipico della variante classica. Dolci come nettare, sodi, rinfrescanti. Li mangiammo prima e durante la seconda pausa, insieme a ciliegie, le ultime della stagione, in ghiaccio e concentrato d’arancia, oltre che vari altri stuzzichini a base di purea di ceci, sedani, carote e ravanelli dolci.

Mentre stavamo attendendo che il caldo passasse per consumare la seconda pausa, ci riposammo sul tetto di casa sua, sotto un gazebo con due serve che agitavano un ventaglio per mantenere la frescura. Vittorioso mi confessò come una delle due, quella alta, smilza e dal viso tondo, fosse sua amante. L’altra, una ragazza bassina e lentigginosa di nome Tenua o Teuna, era disponibile. Se la volevo, non avevo che da chiedere.

Declinai. 

Non sono abituato a queste pratiche, forse perché la mia non è una sottofamiglia importante, oppure più semplicemente perchè mi vergognerei come un traditore a prendere una donna così, sconosciuta, che non sa chi io sia. E se mi deridesse? O peggio, se lo pensasse, esprimendo il suo disprezzo per me in una smorfia? No, non posso. E’ come denudarsi di fronte ad uno sconosciuto, anche se era molto graziosa, in questo caso. Vittorioso, impietoso come al solito, sentenziò ridendo: “Mai dare un osso a chi conosce solo la mammella di mamma”. 

Comunque, velocemente smaltito l’imbarazzo, mi sono informato sui concorrenti. Ho scoperto così che questi erano tutti di 14 o 15 anni o giù di lì e come quella serie di gare fosse una sorta di esercitazione formale. Nulla di ufficiale, saranno solo 3 specializzazioni, ma certamente un buon allenamento per gli atleti delle scuole che vogliono mostrarsi per fare il grande salto. Mi riferì alcuni nomi, i più importanti erano Fermo Quercia Scutari per Ascia, Primo Tordo-Assiolo Aquini per Scudo, Camelia Zeffiro-Gelo Eolani per Lepre. L’ultima specialmente mi venne semplice da memorizzare, chiamandosi come mia madre, la mia Madre di Sangue intendo. Mentre ripetevamo i nomi insieme, giunse una lettera che informava Vittorioso di come suo padre lo volesse vedere. Cacciò via il servo in malo modo.

Mi disse che è un periodo difficile, i suoi vogliono che si sposi. Hanno già una donna, dei Lancia, un’altra sottofamiglia molto potente (sempre Cuneidardi, ovviamente). Dice che non la vuole, che è “stupida come un mattone”. D’altronde ci deve essere qualcosa da pagare per essere uno con una sottofamiglia così. I figli servono come il pane, specialmente se ne va delle concessioni agricole ed edilizie che l’Assemblea ha assegnato a te e alla tua famiglia. Io sono fortunato che la mia non sia così importante, certi lussi si sacrificano volentieri. 

Certo, c’è chi penserebbe il contrario ed è difficile contraddirli. Vittorioso ha già un posto assicurato al Gran Tribunale come arbitro. Oggi è ancora apprendista, ma per quanto? Al prossimo giro spunterà il suo nome tra quelli selezionati, quando il mio comparirà solo se ci sarà posto. Poco male, ci sarà qualcos’altro nel caso, perchè certamente un’altro anno lì da apprendista non ce lo passerò.

Finito di mangiare e smaltito l’inconveniente della lettera, ci siamo subito diretti alla Piazza dello Sport. Siamo saliti sui gradini delle impalcature che erano disposte attorno ai tre campi di gioco, prendendo qualche ventaglio per rinfrescarsi. L’ombra delle vele montate sopra la nostra testa che si proiettava sul campo.

Abbiamo visto per primi gli atleti che facevano Lepre, sia perché Vittorioso voleva vedere Primo Tordo-Assiolo Aquini allo Scudo e si sarebbe esibito più sul tardi, sia perché appena arrivati Camelia Zeffiro-Gelo Eolani era già pronta a bordo pista. Non è lei il soggetto della storia, ma la sua è stata una sfida … incredibile! Sul serio, incredibile. Hanno giocato nella forma ridotta di Lepre, 7 punti per 3 turni, ma lei avrebbe potuto comodamente farne da 21 e perfino senza limite di turni, come nelle gare ufficiali. Ti descrivo un’azione, perché era troppo bella. Era il punto 7. Ora, lei in veste da gara, capelli raccolti, fascia sul petto, fascia sulla vita, con la “lepre” appesa alla vita, partì subito di corsa, decisa. I servi che erano stati scelti per fare i “cani” erano enormi, grossi come tori. Si sono messi tutti e 6 in 2 file da 3. Le corde larghe che gli penzolavano da dietro la schiena, legate attorno al loro petto e fissate ai pioli nella terra. Lei ci andò contro. Questi, un po’ interdetti, si scambiarono: quelli davanti andarono dietro e viceversa. E’ un classico metodo per garantire libertà a quelli che hanno più corda. Lei fintò, destra, sinistra, e ci arrivò sotto. Se l’avessero presa era finita, punto perso. Invece si allontanò. Uno sconsideratamente si buttò, proprio come lei voleva. Correndo poi a sinistra, gli altri “cani” la seguirono, ma 2 inciamparono su quello caduto, staccando i pioli che legavano a terra le corde e uscendo la gioco. Essendo uno troppo lontano, ne erano rimasti solo due tra lei e il “nido”. Li schivò uno dietro l’altro, dando la schiena per mostrare la “lepre” nella cintola. La poterono solo sfiorare. Arrivò al “nido” e gettò la “lepre” dentro. 

Cioè, non ha provato a prendere i perni a cui erano legati i “cani” e ad avvolgerli o spostarli per creare un passaggio, ma le sono bastate un paio di finte. Diretta, punto! STRAORDINARIA! Certo, i servi che facevano i “cani” erano scarsi, ma anche lei è stata incredibile.

Capisci che dopo questo mi aspettavo grandi cose per Primo (eviterò di ripetere il suo nome completo) e pure Vittorioso, specialmente Vittorioso. Ci spostammo presto nell’altra arena per vedere l’incontro di Scudi, così da prendere i posti migliori. Arrivammo a sederci in prima fila, a due passi dal cerchio che delimita il luogo dell’incontro. I posti si riempirono velocemente nel tempo di uno o due incontri. Quanto arrivò Primo un ruggito partì dagli spalti, il pubblico si scatenò, alcuni sbracciandosi, altri applaudendo. Sembrava stesse bollendo.

Primo fu … magico.

Al meglio di 7 punti batté i primi due sfidanti 6-1, 7-0. Li buttò fuori dal cerchio con una semplicità enorme. Saltava come se fosse fatto d’aria, colpiva come se fosse di roccia. Lo scudo che aveva scelto, circolare e compatto, si sposava quasi per obbligo di natura col suo rapido movimento di gambe. Ruppe persino lo scudo al primo sfidante. Se Camelia era stata brava tra gli scarsi, lui fu bravo tra i bravi. Non sembra, ma i due che ha affrontato sono stati molto astuti, mi dispiace di non essermi salvato il nome, ma sul momento non m’è apparso importante. Lui, lui invece sarebbe diventato qualcuno, un gigante, un campione! Avrebbe avuto tutto. Amanti a seconda dei gusti, cibo sfarzoso, case ricche, tutto di tutto, ogni cosa desiderasse, ma si ruppe il ginocchio a metà del terzo incontro.

Giocava contro Ambra Scheggia-Quercia Scutari, la cugina di Fermo Quercia Scutari. L’ho scoperto perché lui è amico di Vittorioso e si venne a sedere accanto a noi, già vestito a gara per la gara di Ascia. Era un giovane abbastanza maturo, riccio, capelli castani, sicuramente un ottimo conversatore, si vede che anche lui è figlio di potenti.

Tornando all’incontro, eravamo 5-1. E Ambra si poteva dire fortunata ad aver fatto un punto. Gli aveva fatto uno sgambetto, ma per lei era risultato abbastanza doloroso dato che le aveva lasciato lividi e graffi sulle ginocchia. Primo, sentendola indebolita, l’attaccò. La colpì su tutti i lati. Poveretta, le stava prendendo di brutto. 

Però Primo, ad un certo punto, fece un passo indietro.

Io penso per schivare la reazione di lei. Vittorioso ritiene che fosse per prendere fiato, dato che se lo poteva permettere. Fermo, invece, crede che si stesse preparando per assestarle il colpo definitivo.

Non lo sapremo mai.

Il suo volto esplose in un digrignare di denti, sulle tempie si gonfiarono le vene, le gote divennero cadaveriche. Si buttò per terra gridando, rotolandosi, le mani e il volto sul ginocchio. Silenzio. Il pubblico si ghiacciò all’improvviso. La squadra di assistenti si avvicinò a Primo, portandolo fuori dal cerchio in spalla. Nel mentre lui piangeva, piangeva, piangeva …

Tutti si sono commossi. Non qualcuno, tutti.

Capisco Fermo, essendo un atleta, capisco addirittura Vittorioso, è un appassionato, sapeva che con quell’infortunio non avrebbe potuto più giocare. Ma gli altri? Non era famoso, nessuno conosceva la sua storia, né le sue imprese, nessuno sapeva chi fosse. Nemmeno, Ambra, la sua avversaria che non l’aveva mai visto prima, si allontanò piangendo, dopo che le fu consegnata la vittoria a tavolino.

Io no. 

Non piansi.

Eppure sono un tipo emotivo, lo sono sempre stato. In quel momento però non ho sentito niente, ne ho provato nulla. Mi sono sentito scollato completamente dal mondo circostante, come se tutto fosse falso, un sogno, tutto uno strano sogno. Una tragedia s’è consumata davanti a me, un campione atletico ha visto la sua carriera finire come se nulla fosse, disperandosi ed emettendo grida e guaiti da animale mandato al macello. Ed io non ho pianto. 

Solo ora, solo ora mi viene da piangere. Non per lui, che non conosco. Ma perché era un prodigio della natura, un fiore d’intelligenza, nulla poteva fermarlo ed è bastato un passo indietro perché non fosse più vero niente. Prima un gigante, poi una formica. Basta così poco a infrangere i nostri sforzi? Anni di allenamento possono essere bruciati così? 

Eppure … mi consola il fatto che il suo corpo guarirà, troverà un’altra strada e magari vivrà un’altra vita, forse più felice, forse meno, ma sicuramente un’altra vita perché fatta di sogni e abitudini completamente diversi.

A quanto pare i desideri sono molto più fragili della vita di chi li sogna, anche se poi la vita stessa si fonda solo di loro. 

Tutto questo avveniva in Gothra il giorno 77 del Periodo del Sole, anno 568 del Tempo Ordinario.