Maria è una figura eccezionale, è quell’anello di congiunzione tra l’umanità e la divinità, è quella stella polare che sicura ci guida verso il Cristo. Vorrei riprendere la Maria “biblica”, ossia quella narrata nei Vangeli. Chi era, insomma, Maria?
Maria, ricordiamolo, era una donna normalissima, umile, inserita nel contesto sociale della sua epoca. Maria compare nei Vangeli con l’annuncio dell’angelo Gabriele. L’evangelista Luca riporta proprio la vicenda tra queste due figure, siamo al capitolo 16, e qui scopriamo che Maria è una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. Esattamente all’interno di questa scena troviamo le prime parole della preghiera mariana più diffusa: l’Ave Maria. Dice infatti l’angelo alla vergine: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1,28).
Per Maria tutto cambia con l’annuncio dell’angelo, ma in che modo? Semplicemente Maria si fida di Dio, lascia che sia Dio a cambiare ogni cosa, lascia che sia Dio a rendere possibile ciò che per l’essere umano risulta impossibile: partorire un figlio nella totale verginità e in esso far ripartire tutta l’umanità. Questa voglia da parte di Dio di far ripartire tutta l’umanità non è cosa nuova, se ripercorressimo tutto l’Antico Testamento vedremo proprio in modo chiaro questa volontà di Dio. Potremmo fare riferimento al diluvio universale, non tanto da vedere come un castigo, o peggio come un’ira violentissima di Dio che devasta l’umanità. Poniamoci una semplice domanda: chi può narrare una tragedia? Solo chi è sopravvissuto. Se Dio avesse voluto veramente cancellare l’umanità l’avrebbe fatto, invece Noè e la sua famiglia sopravvivono. Lo scopo del diluvio non è devastare la terra o annientare l’umanità, ma farla rinascere. Pensiamo alla vicenda mosaica, Dio vuole veramente eliminare il popolo d’Israele dalla faccia della terra? Ovviamente no. Mosè diviene così segno visibile della reale volontà di Dio, perciò chiunque avesse guardato al serpente innalzato nel deserto si sarebbe salvato: “Il Signore disse a Mosè: «Forgiati un serpente velenoso e mettilo sopra un’asta: chiunque sarà morso, se lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra un’asta; e avveniva che, quando un serpente mordeva qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita” (Nm 21,8-9). La preghiera di intercessione, come quella che Mosè aveva eseguito per conto degli israeliti, non cambia il cuore di Dio, ma cambia il cuore di chi, con fede, prega. Dio non aveva intenzione di eliminare Israele, ma voleva che il sacerdote del popolo ebraico, Mosè, si convertisse ulteriormente, che avesse davvero a cuore il popolo eletto. Sappiamo bene però che la conversione del popolo d’Israele non è avvenuta né con Noè, né con Mosè. Dio deve abitare la terra, deve venire Lui stesso. Entriamo allora nel grande mistero dell’incarnazione, possibile solo grazie al “sì” di Maria. L’angelo dice chiaramente a Maria la verità su ciò che Dio può e non può, afferma infatti “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37). Maria diventa così la donna del fiat, la donna del sì. La risposta di Maria è di totale fiducia, quella stessa risposta viene recitata non a caso nella preghiera dell’Angelus “Fiat mihi secúndum verbum tuum”, cioè “si compia in me la tua parola”. Quella parola smette di essere semplicemente pronunciata e si incarna: “Et Verbum caro factum est” (“E il verbo si fece carne”). Qui siamo di fronte a una vera e propria ripartenza, Gesù diviene il nuovo Adamo, Maria invece la nuova Eva. Questa ripartenza, però, non coi volge più solo il popolo d’Israele ma tutta l’umanità, come scrive Stefano Violi, sacerdote italiano, in un suo libro sul Natale: “La tradizione figurativa cristiana, alla luce del testo di Isaia, ha da sempre dipinto i Magi come emblema della diversità umana riconciliata e unita” [1]. Il messaggio della salvezza viene dunque esteso a tutta l’umanità senza alcuna eccezione, ogni essere umano è chiamato alla conversione e invitato alla salvezza.
Tante altre cose si potrebbero dire di Maria, per quanto riguarda i riferimenti biblici, ma vorrei un attimo fare una breve carrellata sugli sviluppi dogmatici, senza tuttavia avere la pretesa di approfondire i dogmi, ma volendo semplicemente riportarli in questa breve riflessione su Maria.
Il culto mariano è un cammino che la Chiesa Cattolica ha sviluppato nei secoli. A parte la pietà popolare, che è comunque un segno bello, in quanto coinvolge attivamente tutto il popolo di Dio, esiste anche quella che chiamerei “la via dei dogmi”. Come dicevo il culto mariano è un percorso che la Chiesa ha intrapreso da tanti secoli e che oggi non si è per nulla fermato, al contrario, credo che oggi si possa instaurare un bellissimo rapporto con questo culto. Il primo dogma fu partorito dal Concilio di Efeso, siamo nel 431 ed è quello che indica Maria quale Madre di Dio, l’ultimo dogma invece è molto più recente, risale al 1950, e in quell’occasione fu proclamato tramite la bolla dogmatica “Munificentissimus Deus” da Papa Pio XII in occasione dell’Anno Santo. In mezzo a questi due dogmi ce ne sono altri due, sono infatti quattro i dogmi mariani. Per gli altri due dogmi si tratta rispettivamente della “Perfetta verginità di Maria” del 553 a seguito del Concilio di Costantinopoli e quello dell’“Immacolata Concezione” del 1854 ufficializzato dalla bolla “Ineffabilis Deus” da parte di Papa Pio IX.
È un percorso questo, come dicevo, che vede un bell’intreccio tra ciò che è il dogma, riportato e spiegato nel Catechismo, e quella che è la pietà popolare.
Varie sono state poi le apparizioni mariane che si sono susseguite nei secoli, e tantissimi sono i santuari dedicati alla Vergine. È importante ricordare che, anche se il luogo è diverso, Maria è sempre la stessa, pertanto anche se sentiamo parlare di Maria in modi differenti (la Madonna Nera, Nostra Signora di Fatima…), in realtà è sempre alla Vergine che facciamo riferimento.
Ora è tempo di spiegare il motivo del titolo (Maria: fiore di maggio). La mia storia personale mi ha portato a conoscere, qualche anno fa, la comunità cattolica filippina presente a Modena. Impossibile non notare la loro grande devozione a San Francesco di Paola, che evangelizzò le Filippine, ma anche la devozione speciale a Maria. Sicuramente una devozione molto affascinante è quella chiamata Flores de Mayo. Tale devozione, in realtà, è di antica origine spagnola, trapiantata poi nelle Filippine. Flores de Mayo è una ricorrenza che vuole sottolineare ulteriormente il fatto che il mese di maggio è il mese dedicato a Maria. Tale ricorrenza termina e culmina con Santacruzan, una processione in onore di Elena di Costantinopoli e di suo figlio Costantino il Grande, che secondo gli storici dell’epoca ritrovarono i resti delle tre croci usate per la crocifissione di Gesù e dei due ladroni crocifissi accanto a Cristo. In questa processione “sfilano”, per così dire, le donne e le ragazze e ognuna di loro porta nel vestito una litania mariana.
Da cattolico ho sempre pregato Maria, ma grazie alla comunità filippina ho avuto modo di approfondire la mia devozione a Maria. Ecco che ancora una volta si torna ad affermare l’universalità del messaggio cristiano e, di conseguenza, l’universalità della Chiesa.
[1] Stefano Violi, Abbiamo visto sorgere la sua stella – Il cammino dei Magi verso Betlemme, ED INSIEME, 2020, P. 34