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Odio tutto.
Ieri abbiamo fatto il famoso pranzo che Vittorioso ci chiedeva con così tanta insistenza. Ci siamo trovati in quella che sarà la sua nuova casa, direttamente nel complesso residenziale dei Cuneidardi. Dato l’imminente sposalizio, abita in una porzione più grande che comprende una parte della zona sud, quella confinante con la famiglia dei Soli. Vittorioso l’ha presa malissimo. Non riesce a rassegnarsi al fatto che sia più lontano dall’Assemblea dei Fondatori. Non perché gli interessi, ma solo per una questione di prestigio. Non è decisamente alla moda allontanarsi dal luogo dove si svolge l’Assemblea, anche se devo ancora capire il perché.
Ad ogni modo, sembra che stia controllando abbastanza bene la sua disperazione, ma solo grazie al fatto che stia abbellendo ogni stanza in maniera esagerata. Le due sottofamiglie non hanno badato a spese, sicuramente il padre di Vittorioso (capo della propria sottofamiglia) vorrà mostrare la propria forza, è fatto così.
Alcuni di questi luoghi erano molto belli. C’erano pareti abbellite con motivi floreali che splendevano come se fossero cosparse di brina; penso grazie a pezzi di vetro incastonati nel muro. La stanza da letto di Vittorioso era, invece, decorata con immagini sportive. Su una parete è rappresentata una delle “scene più epiche di sempre nel gioco della Lepre”, ovvero la vittoria di Rosa Spiga Aghifori nel 558 (c’era scritto nel cartiglio sotto). Vittorioso mi ha fatto una spiegazione senza fine su l’epicità della vittoria, la prima atleta a vincere 4 o 5 tornei ormai a fine carriera. C’era anche l’immagine dell’infortunio di Primo Tordo-Assiolo Aquini, quello a cui abbiamo assistito io e Vittorioso, esattamente dall’altra parte del ritratto di Rosa. Molto sullo stile di Vittorioso.
Siamo andati infine nella sala da pranzo, l’unica insieme alla camera da letto già terminata. La servitù dorme in parte ancora nella vecchia casa, devono venire qua ogni giorno perché Vittorioso vuole vedere da vicino i lavori. Gli ho chiesto se la sposa avesse voluto qualche cambiamento, mi ha risposto che gli ha lasciato completa libertà. “Stupida com’è, cosa ne capirebbe?”. Ci ha fatto vedere un suo ritratto, uno di quelli con cui gli è stata presentata, che era disegnato su una tavoletta di legno; stava venendo usato come riferimento per un dipinto dei futuri sposi all’ingresso (unica imposizione del padre della moglie). Per lui era brutta e pure Fiore sembrava dargli ragione, ma a me sembrava carina, certo non spettacolare, ma sicuramente carina. Io l’avrei accettata come moglie, senza discutere. L’avrei amata anche, senza smettere di farlo. Le avrei dedicato una o due stanze, anche se lei non avesse voluto. Non come Vittorioso, che è spesso un egoista in queste cose.
Sì, è un bastardo egoista, in fondo.
Non mi ricordo cosa abbiamo mangiato, non ci ho prestato attenzione. Fiore stava parlando delle sue uscite e mi sono concentrato su quelle. A quanto pare le voci sulle sue uscite particolari erano vere, più o meno. Per quanto riguarda la cottura arrosto di un maiale appena macellato ci ha detto che era una scemenza, ma il fatto che abbia mangiato carne a quelle feste è vero. Carne e vino rosso. Una cosa non certo da Fondatore, ma non disgustosa (tranne per Vittorioso). Ci ha descritto le sue serate e anche in quelle non ho sentito tante cose schifose, ma solo tristi. Queste serate iniziano fuori dal centro di Gothra, fuori dai quartieri dei Fondatori, in una casa presa in affitto. Lì viene creata una sorta di “salone dei piaceri”; non quello dei poeti antichi, ma una versione perversa dello stesso. Cibo e vino non costosi, ma economici, il tutto condito con prostitute di basso bordo. Altra cosa strana, è un gruppo di tutti uomini che partecipa ad una festa. Triste. C’è da dire che Fiore è una persona profondamente triste, glielo si legge negli occhi. Non vede l’ora di rendere felice le persone che ha di fronte, farebbe di tutto per strappare una risata o anche solo un sorriso. Quanto mi fa schifo.
In realtà, per tutta il pranzo ho sentito un profondo senso di schifo. Volevo andarmene, volevo scappare, ma non potevo muovermi o sarebbe stato scortese. Ero intrappolato su quegli sdrai, come sono ora intrappolato nella mia vita. Una vita informe, sterile. Una vita che io mi sono scelto e nessuno mi ha imposto. Sono il solo responsabile di questa situazione.
Mi odio. Io mi odio.
Tutto questo avveniva in Gothra il giorno 29 della Grande Pioggia, anno 569 del tempo ordinario.