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Dio, ci sei?

Tempo di lettura: 6 minuti

Premessa:

Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? Le lacrime sono mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?»”.

È così che il salmista introduce il Salmo 41. Questo Salmo introduce il secondo libro del salterio, qui partono i Salmi attribuiti ai figli di Core, di cui in realtà non sappiamo praticamente nulla. Come ricorda don Claudio Doglio, nelle sue catechesi online sui Salmi, l’unica cosa che sappiamo sui figli di Core è che si tratta di un gruppo sacerdotale che ha composto dei testi piuttosto significativi sul tema dell’esilio. Questo Salmo (41) era, di fatto, una lamentazione, dove si mette in evidenza l’anima assetata, è questa la preghiera di un sacerdote esule. Si può comprendere che si tratta di un uomo ingiustamente accusato e allontanato dal Tempio di Gerusalemme. Questo sacerdote rimpiange il Tempio e spera, per il suo futuro, nell’incontro con Dio.

È proprio da questo Salmo che vorrei estrapolare, ed espandere, la domanda: “Dov’è il tuo Dio?”. Quante volte ci saremo chiesti “Dove sei Dio?”, e quante volte, forse amareggiati, siamo tornati a casa senza alcuna risposta. Caro lettore, cara lettrice, se sei curioso di sapere dove si cela Dio, questo è il testo che fa al caso tuo, perciò senza ulteriori preamboli andiamo avanti.

Dio si rivela:

Potrebbe sembrare una frase piuttosto prevedibile, eppure Dio si rivela, questa è la pura verità. Ma cosa significa che Dio si rivela? E a chi si rivela? E in che modi?

Dio si rivela a ogni uomo e a ogni donna capaci di accoglierlo nella propria vita. Comprendiamo, dunque, che Dio si può rivelare solo a chi ha fede e, viceversa, solo chi ha fede può accogliere Dio. In questa maniera, Dio non lede in alcun modo il libero arbitrio di cui ciascuno di noi dispone. Il rivelarsi di Dio è un atto libero e gratuito: libero poiché nessuno può costringere Dio a rivelarsi, e gratuito in quanto Dio non ci chiede nulla in cambio, se non di essere accolto.

Il tema della Rivelazione divina (o Rivelazione di Dio) è ampiamente dibattuto sia in ambito teologico che in ambito filosofico. La filosofia ci aiuta a comprendere che la rivelazione può essere ricondotta alla sua etimologia latina (“revelare”) che letteralmente significa “manifestare, togliere il velo”, per cui la parola rivelazione, di fatto, è un sinonimo di “svelare”. Solitamente, nell’italiano corrente, il verbo “svelare” lo utilizziamo quando abbiamo a che fare con un “mistero”, ed è proprio di questo che si occupa la teologia: svelare, per quanto possibile, il mistero divino.

Dio si rivela nella storia:

Dio si rivela attraverso un cammino che coinvolge e rende partecipe l’essere umano. A seguito del peccato originale, commesso da Adamo ed Eva, il genere umano ha dovuto rinstaurare il proprio rapporto con Dio, il quale si era incrinato. La Dei Verbum, una delle Costituzioni dogmatiche del Concilio Ecumenico Vaticano II, definisce il peccato originale dei nostri progenitori con “caduta”. In effetti, noi il peccato possiamo percepirlo esattamente come una caduta nella nostra vita, di fronte alla quale Dio non resta indifferente e nemmeno ci umilia, ma ci aiuta a rialzarci. E così è avvenuto anche nella storia: a seguito della caduta di Adamo ed Eva, Dio ha deciso di rivelarsi gradualmente. Inizialmente l’ha fatto attraverso la promessa ad Abramo, per cui la sua discendenza avrebbe dato vita a un grande popolo (Israele). Successivamente Dio si è rivelato utilizzando la persona di Mosè, sacerdote del popolo d’Israele, per poi parlare per bocca di tutti i profeti narrati nell’Antico Testamento. Infine, Dio si è rivelato nella persona del Figlio, Gesù, il Cristo. È proprio il Cristo a rappresentare, di fatto, la più grande manifestazione divina, è Gesù la teofania massima, è in lui che la Rivelazione trova pieno compimento. Cosa significa che la Rivelazione trova nel Cristo il suo pieno compimento? Significa che non ci saranno altre manifestazioni pubbliche di Dio, a eccezione della parusia, ossia il ritorno del Signore nostro Gesù Cristo. Possiamo dire, in altre parole, riprendendo una bella formula liturgica, che tutta la storia della Rivelazione trova la sua massima espressione “per Cristo, con Cristo e in Cristo”. La Rivelazione continua anche oggi. In Cristo non trova, infatti, la sua conclusione, ma il suo compimento. Ancora oggi Dio si rivela all’uomo e lo fa in molteplici modi.

Quali sono le modalità con cui Dio si rivela all’essere umano?

La Lettera agli Ebrei presenta questo incipit: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo”. Questa frase riassume quanto detto nel paragrafo precedente, e ci offre, al contempo, anche uno sguardo sul presente, poiché afferma che Dio può rivelarsi in “diversi modi”.

I modi, o per meglio dire “le vie”, con cui possiamo giungere alla conoscenza di Dio sono sostanzialmente due: la ragione e la Rivelazione. Nei secoli passati l’essere umano ha tentato di dimostrare l’esistenza di Dio anche solo attraverso l’uso della ragione, basti pensare alle opere di Sant’Agostino (354-430), alle cinque vie di San Tommaso d’Aquino (1224-1274) o alle teorie di Emmanuel Kant (1724-1804). Tuttavia, i risultati derivanti dalla sola ragione non sono mai stati pienamente soddisfacenti, soprattutto a causa dell’oggetto della ricerca (Dio), in quanto Dio resterà sempre più grande rispetto a quello che di Lui possiamo pensare o dire. In aggiunta a questo si pensi anche alla controparte filosofica dei cosiddetti “maestri del dubbio”: Ludwig Feuerbach (1804-1872), Karl Marx (1818-1883), Friedrich Nietzsche (1844-1900) e Sigmund Freud (1856-1939).

C’è, evidentemente, bisogno di una seconda via, quella della Rivelazione. Questa via non indica un cammino che l’uomo compie verso Dio, come nel caso della ragione, per cui è l’essere umano che, ragionando, arriva a conoscere Dio. All’interno di questa modalità è Dio che raggiunge l’essere umano, è un cammino “verso il basso” che Dio compie affinché il genere umano possa conoscerlo. La via della Rivelazione può, tuttavia, presentarsi in due forme differenti: Rivelazione “naturale” e Rivelazione “soprannaturale”.

La Rivelazione naturale ha a che fare con la percezione dell’uomo, per cui la persona può vedere e sentire la presenza di Dio nella propria vita, semplicemente vivendo. San Paolo in Rm 1,20 dice: “Le sue (di Dio) qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, essendo evidenti per mezzo delle sue opere fin dalla creazione del mondo, si vedono chiaramente, affinché siano inescusabili”. Come facciamo quindi a conoscere Dio attraverso la Rivelazione naturale? “Banalmente” ammirando la creazione, non tanto intesa come un evento singolo e fermo nel tempo, ma come atto destinato a protrarsi nel tempo, in altre parole: Dio non ha creato, bensì Dio crea (ha creato, crea e continua a creare). In questo modo, essendo la creazione qualcosa di tangibile e di quotidiano, rende il nostro rapporto con Dio non come una sorta di sottomissione da parte nostra, ma viene vissuto su base dialogica, attraverso la preghiera, la lode… un rapporto, quindi, che prevede il dialogo, un rapporto che definirei proprio filiale. Ci sono anche alcune opere, sia canoniche (all’interno della Bibbia), sia non canoniche, che vanno a sostegno della Rivelazione naturale: Genesi, per cui a ogni creazione, l’autore afferma, “E Dio vide che era cosa buona e giusta”. Bontà e giustizia sono due caratteristiche tipiche di Dio, immutabili in Lui, e la creazione grida bontà e giustizia. Oppure, pensiamo al Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, dove persino la morte corporale viene definita “sorella”.

La Rivelazione soprannaturale, invece, è pura grazia di Dio. Questo tipo di Rivelazione va contro a tutte quelle filosofie e teorie che vorrebbero negare l’esistenza del trascendente quali, ad esempio: il materialismo, il razionalismo, il positivismo…

Difficoltà nella recezione della Rivelazione divina

Non sempre è facile accogliere la Rivelazione divina, non tanto perché non vogliamo, quanto perché fatichiamo a uscire da quelli che, giustamente, sono gli schemi del pensiero umano. Dio, infatti, non è il Dio dei filosofi, il Dio delle teorie logiche e razionali. Dio va oltre, esce dagli schemi, non si lascia imprigionare nelle etichette e nelle riflessioni tipiche del pensiero filosofico. Come riporta il profeta Isaia: “«Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie», dice il SIGNORE. «Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri»” (Is 55,8-9). La Rivelazione, infatti, necessita della fede da parte dell’uomo, bisogna saper vivere con fede, cioè fidandosi. Il paradigma, in questo senso, è quello del bambino, il quale vive fidandosi a causa del fatto che ancora non conosce il mondo e le sue dinamiche. Il bambino si fida innanzitutto della sua mamma e del suo papà, così l’essere umano deve riprendere a fidarsi di quel Dio che è anche Padre e che vuole solo il bene per i suoi figli (noi). È, dunque, possibile accogliere la Rivelazione divina, il segreto è fidarsi e affidarsi, abbandonare i nostri schemi spesso rigidi e molto umani, per lasciare spazio a Dio e alla sua immensità. Riprendendo una storia su Sant’Agostino possiamo dire che così come è impossibile che tutto il matre stia all’interno di una singola buca sulla sabbia, così pure è impossibile che l’immensità di Dio stia tutta dentro la nostra testa. Questo non ci deve portare alla rinuncia per quanto riguarda la conoscenza su Dio e il nostro rapporto con Lui, ma deve semplicemente farci comprendere che gli strumenti di cui disponiamo sono limitati se paragonati alla Sua grandezza. 

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