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Il Diario di Gothra – 2

Tempo di lettura: 8 minuti

Lo so che ti avevo detto che non avrei scritto subito, ma non ce l’ho fatta. C’è una storia che ho voglia di raccontarti. Ci penso da quando ho appoggiato la penna due giorni fa. 

Da bambino giocavo spesso con la mia Madre di Latte. Una volta, a 7 o 8 anni, rincorrendoci-

Scusa, mi sono scordato del fatto che tu non sappia niente: la Madre di Latte è quella donna che viene incaricata di nutrire un bambino, di svezzarlo e di farlo crescere dietro un compenso. Sono spesso assunte quando la Madre di Sangue, la donna che ha partorito il figlio, non è in grado di allattare e/o tutelare il figlio o la figlia. La mia, ad esempio, mi allattò per 3 settimane e poi mi lasciò con Stella, che divenne quindi la mia Madre di Latte. Con gli anni, Camelia mia madre non poté mai badarmi con costanza, avendo il suo lavoro e il suo compito da fare e mi affidò quasi esclusivamente alle cure di Stella. Io, ovviamente, non facevo differenze così profonde tra le due, ero un bambino. 

Tornando a noi. Io e la mia Madre di Latte, di solito, ci rincorrevamo lungo i corridoi della casa. Io scappavo e lei mi inseguiva. Mi ricordo che giravo a destra, a sinistra, correndo accanto ai volti di marmo dei miei antenati appesi alla parete. Lei mi correva dietro, tenendo la lunga veste con la mano. Ricordo il suo viso allungato, il naso piccolo e la bocca grande che mi seguivano facendo delle smorfie e dicendo “Ti prendo! Ti prendo!”. Quando mi prendeva, solitamente mi stringeva forte a sé e ricordo che odorava di fiori di rose, con una punta di limone. Una volta, appena smesso di giocare, passeggiammo per i giardini e le dissi che ora ero grande e che non potevamo più giocare così. Sorridendo, disse che era vero, ma non credo lo pensasse veramente. Come può essere grande uno a 7 anni? 

Ad ogni modo, mi disse che era vero e io risposi che non si doveva preoccupare, avremmo fatto altri giochi e fare il bagno nella piscina non sarebbe stato più un problema, perché, ora che ero grande, potevo tagliarmi i capelli corti come i suoi. Lei non rispose per un po’ e nel mentre, ogni volta che la guardavo, sorrideva in maniera sempre più sforzata. Poi, ad un tratto, si fermò. Si chinò verso di me e mi spiegò perché io non mi sarei mai potuto tagliare i capelli, soprattutto non me li sarei mai potuti fare come i suoi e lei non avrebbe mai potuto farli crescere tanto quanto i miei.

Tu che mi ascolti, non puoi capire. Non puoi capire che effetto fa ad un bambino sentirsi dire dalla propria mamma che lei e lui non potranno mai essere uguali. Per la prima volta, sentii un abisso scavarsi tra me e lei. Mi sentii ripudiato. Per 2 settimane non la volli vedere e se qualche servo si avvicinava a me dicendo che lei mi voleva vedere, io gridavo di non farla entrare e il servo si allontanava a testa china, toccandosi la testa con la destra. Lo vedevo fare spesso anche a Stella, quel gesto. Capì che loro non erano solo quelli che mi aiutavano a fare il mio compito e il mio lavoro, a lavarmi, a vestirmi … non erano miei amici, erano “inferiori” a me, erano “diversi” da me. Ero solo. Mio padre e mia madre non c’erano mai. I miei fratelli non mi sono mai piaciuti. Mi sentii così solo … 

La feci richiamare subito dopo e la abbracciai fortissimo, piangendo. 

Vedi, amico mio, io ho i capelli lunghi, molto lunghi. Sciolti mi arrivano circa al bacino. Sotto il livello delle spalle e oltre il livello del pube non mi è consentito portarli. Solitamente non li lascio così, ma li raccolgo, me li faccio ungere, accavallare e piegare per fare delle composizioni. Ho due Maestri di Capelli, un uomo e una donna, che si curano di pensare e realizzare le acconciature per ogni giorno. Solitamente più è il tuo prestigio e la tua disponibilità economica, tanto più riesci a piegarli in un’acconciatura elegante e complicata. Anche se non è automatico e molti non sono così fiscali. 

Ciò non toglie la sostanza. Io sono un Figlio dei Fondatori e per questo ho il privilegio di portare i capelli così lunghi. Chi non lo è, deve portare il capo rasato; tuttavia, alcuni coloro che sono in contatto con noi come le Madri di Latte, i Maestri di Capelli, i Cuochi … tutti quelli che manovrano ciò che andremo a mangiare o che fa parte del nostro corpo, possono portare i capelli lunghi quanto la prima falange del loro pollice. Non so il perché, ma è così.

Mi ci è voluto molto a capirlo e, devo dire la verità, non l’ho afferrato del tutto. Tipo, non so ancora il motivo per il quale chi raccoglie la frutta non deve avere i capelli lunghi come i Cuochi, anche se mangiamo quei frutti non cucinati, mentre chi porta i rotoli, quelli con le leggi appena approvate, li può portare. “Può”, perché non sono obbligati, ma non ho ancora conosciuto nessuno che rinunciasse a questo privilegio.

Una cosa che non mi tornava, se devo dirla tutta, era come queste regole potessero essere messe in pratica da una città basata sull’individuo, sul singolo, non importa se Fondatore o meno. Non mi tornava. Per ciò, quando s’è trattato di rinnovare il mio lavoro personale, ho deciso di andare al Tribunale, o meglio al Gran Tribunale, la nostra istituzione giuridica più importante. Lì ho cercato nelle leggi e, dato che sono disposte ad albero, partendo dalla Leggi dei Fondatori, immutabili ed eterne, le ho cominciate a scorrere in ordine. Le prime 21, appunto le Leggi dei Fondatori, parlavano di compiti e lavoro, di ordinamento, di gestione della città, dei pozzi, del cibo, ma niente sui capelli (se non che ci avvelena i pozzi deve essere rasato ed espulso dalla città). Ho provato a scendere al livello di Compendio, creato per compensare le mancanze delle Leggi, poi all’Applicativo per come attuare le leggi di Compendio, e persino parte del livello Esecutivo, per i decreti più mondani, ma mi sono perduto.

Per questo, poco tempo fa, sono andato da Luce, Luce Cristallo Zirconi,  mia diretta superiore, che agisce come Arbitro in una delle aule del Gran Tribunale, penso uno di quelli Intra-Dinastici. Le ho chiesto perchè ci fosse una legge che regolasse questo principio, così contrario all’idea con cui era nata Gothra. 

Si è messa a ridere davanti a me. “Una legge del genere non esiste”. Detto questo, mi ha mandato fuori, consigliandomi di imparare prima il mio lavoro, invece di fare domande del genere.

Mi è crollato un mondo, giuro. Per una vita ho giustificato questa situazione come frutto di una legge ingiusta, scritta da qualche pessimo governante, e, invece, non era vero. Ma allora, perché, perché questa netta divisione era così evidente e ben oliata? Anzi, questa situazione sembra contraria alla 1° Legge:

L’essere umano, unico e irripetibile, è in possesso di un valore creativo incalcolabile. Gothra deve assume il compito di fornire l’aiuto per sviluppare il dono di ciascun essere umano e di impedire ogni ostacolo per la realizzazione dello stesso, sia esso esercitato tramite la pratica di un lavoro che tramite la pratica di un compito fine a se stesso.

E pure alla 7°:

Il lavoro, una delle due massime espressione dell’essere umano, deve essere il più possibile orientato a chi lo compie sia in materia di ambiente lavorativo sia in materia di esecuzione, nel limite dello svolgimento del compito stesso. Chiunque potrà accedere a qualsiasi lavoro senza distinzione, oltre che il talento. Non sono consentiti lavori denigranti l’essere umano, ovvero lavori uguali, ripetitivi e spropositatamente faticosi.

Come è possibile? Come è possibile che ciò avvenga? Dovrebbero vivere con noi, mangiare come noi, governare con noi …

M’è venuta così l’illuminazione. Nella mia ricerca sono sceso all’ultimo livello di leggi, l’Esecutivo, e ho guardato a ritroso quelle disposizioni ormai abrogate. Ne ho trovate alcune sul come votare stranamente specifiche su zone abitate dai non-Fondatori, su indicazione di igiene che specificano per alcuni ruoli il taglio di capelli, ma niente di organico e niente che potesse essere un disegno di legge premeditato. Può sembrare ovvio, il livello Esecutivo è fatto proprio per dirigere ed eseguire materialmente il contenuto del livello Applicativo, dove ci sono indicazioni più generiche e non viene disposto chi dovrà fare cosa, con quanti soldi, per quanto tempo e così via. Però, il fatto che in leggi assolutamente diverse ci fossero procedimenti così simili al trattamento dei non-Fondatori, mi fa pensare che siano stati “indotti” a questa situazione e che siano stati “adattati” alla sottomissione. 

“Le leggi migliori sono fatta di abitudini”. Queste parole sono di Vittorioso, Vittorioso Cuspide Cuneidardi, mio amico d’infanzia e collega. Alla fine questo è il senso, dopotutto.

E io penso: ma se siamo tutti unici, tutti così desiderosi di esprimere il nostro io e definire chi siamo nel lavoro o nel cavolo che vogliamo, perché così tanti si sono fatti abbindolare da delle regole; anzi, abbindolare da regole esecutive temporanee. E poi, perché i non-Fondatori non si sono rivoltati appena ne hanno l’occasione? Perché solo in piccoli gruppi e per motivi banali, bassi, come cibo o soldi, nonostante ne abbiano a sufficienza per vivere? 

Se è davvero innato in loro il desiderio di realizzare la loro unicità, raggiungere la loro libertà, come fanno ad essere così incatenati, così … reificati, sì, “resi cosa” …

Avrà avuto ragione mio nonno quando disse che sono come bestie e che lasciarli votare, come qualche radicale vorrebbe, sarebbe come dar da mangiare del buon pesce a degli asini. Anche se non è propriamente corretto. Molti di loro sono istruiti tanto o più di noi, anche se ciò non migliora la situazione, anzi, la peggiora, perché non puoi dire che la loro sottomissione sia colpa della loro educazione. Che siano nati così?

No. No. Non ci voglio pensare, non ci voglio credere. Voglio … voglio ancora credere nell’umanità. Voglio credere che tutto questo sia un gigantesco errore, un colossale fraintendimento cementato dall’abitudine.

Voglio pensare di essere il vero figlio della mia Madre di Latte, che mi diceva di stare attento alle persone col pellice storto, che pensava che dovessero essere picchiati a morte quelli che protestavano perché il pane non era distribuito ai loro negozi … e che, dopo essermi arrabbiato con lei, averla fatta cacciare e poi richiamare, mi veniva sempre ad abbracciare. Ed io che le dicevo “Perché mi sopporti?” e lei che mi rispondeva “Perché ti voglio bene!”.

Tutto questo avveniva in Gothra il giorno 53 del Periodo del Sole, anno 568 del Tempo Ordinario.