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Nefele

Tempo di lettura: 12 minuti

25 marzo 1979 – ore 7:24

L’aula è ancora vuota, Dafne mia, e le mie orecchie non potrebbero esserne più contente. Non ho mai capito come le voci in piena pubertà degli studenti potessero piacerti, ma, ahimè, mi conosci bene, è un suono che mi irrita. Non riesco ad abituarmici nonostante i miei tanti anni di carriera. Sono passati già sei mesi da quando ti ho persa per sempre, Dafne mia; i giorni si sono fatti più ripetitivi e monotoni, le giornate eccessivamente lunghe e le ore più pesanti. “Che cosa fai, allora?” mi chiederai. Quello che ho sempre fatto: seguire la mia routine. Non ti arrabbiare, Dafne mia, se non sono cambiato; odiavi la quotidianità, lo so bene, ma cerca di essere fiera di me: sono venuto a scuola, come sempre, nonostante non ne avessi alcuna voglia.

Ho appena notato, guardando fuori dalla finestra dell’aula, che c’è una nuvola. Sembra vicina, troppo. Non ho mai visto della nebbia a Roma. Osservandola bene, mi sembra che abbia una colorazione un po’ anomala (circa grigio salvia), ma forse è solo sporca. Sento, però, come degli occhi addosso, nonostante non siano ancora arrivati gli studenti. Anche adesso che ti scrivo, ogni tanto mi guardo attorno alla ricerca di qualcuno affacciato fuori dai palazzi circostanti intento a spiarmi. Pur pulendo le lenti degli occhiali, non riesco a notare nessuno. Chissà…Tu cosa ne pensi, Dafne mia? È normale o è sempre la tua mancanza che mi corrode? Ci penserò su, adesso sento numerosi passi nel corridoio. Gli spiriti mi attendono.

ore 14:03

La nuvola di cui ti dicevo è rimasta là tutto il tempo; mi pare, credo, di averla vista anche fuori dalla finestra di tutte le classi in cui tenevo lezione oggi; anche quando ero solo in aula insegnanti durante la ricreazione mi sentivo osservato. Mi sto stressando troppo, Dafne mia. Mentre guidavo verso casa avevo la costante sensazione di essere pedinato, come se avessi un occhio sempre vigile su di me, che non mi lascia mai. Adesso credo che correggerò qualche compito per distrarmi. Non scordarti mai, Dafne mia, che mi manchi ogni giorno di più.

4 aprile 1979 – ore 11:00

Dafne mia, perdonami per non averti aggiornato su quello che mi è successo ultimamente, ma temevo di annoiarti: la monotonia della mia vita senza di te è dilaniante; l’avresti odiata con tutta te stessa. Ti ricordi la nuvola grigiastra, vero? C’era anche il giorno dopo. E quello dopo. E quello dopo… Anche stamattina, stessa posizione, stesso colore malato; non riesco a capire, sembra che mi stia davvero inseguendo. Se fossi un ignorante qualunque ti direi che sono gli “ufo” che vogliono rapirmi, ma a chi mai interesserebbe un professore di greco cinquantenne, vedovo e senza una lira? Sto provando a non pensarci, ad ignorarla, ma continuo a sentirmi avvolto da una costante inquietudine che mi invade le membra e la mente. Spero di riuscire a finire di spiegare la Biblioteca di Apollodoro oggi; la presenza della nuvola mi turba profondamente, così tanto da non lasciarmi dormire la notte. Sento anche di aver iniziato a trascurare il lavoro che mi ha fatto conoscere l’eterno amore della mia vita, cioè te. Oh Dafne mia, tu sola mi rendi sano.

ore 14:30

Dafne mia, non potrai mai crederci! Scusa la frenesia della mia penna, ma sono ancora scosso. Quella dannata nuvola era anche lì! Nella strada che faccio sempre per tornare al nostro appartamento! Mi guardava, mi seguiva, immutabile. Spero di non aver superato alcun limite di velocità (non posso permettermi una tale multa), ma ne dubito fortemente: ho provato a scappare, ma niente! Lei era lì che mi seguiva, che mi fissava! Lì, ti dico, lì! Come può essere? È solo una nuvola, maledizione! Pensiamo razionalmente: deve essere per forza una coincidenza, no? Sì, deve essere per forza così. Sto delirando senza di te, Dafne mia. Il tuo ricordo non mi basta.

ore 23:33

Non riesco a dormire. Ho degli occhi addosso. Spero siano i tuoi.

8 aprile 1979 – ore 9:44

Come tutte le domeniche, ti ho portato dei fiori nuovi e tolto quelli vecchi. Adesso sono nel parco vicino a dove hai scelto di essere sepolta; ho pensato che fosse il posto perfetto per fumarmi una sigaretta e chiacchierare un po’ con te. Nefele è qui, che mi fissa da lontano con i suoi occhi raggelanti. Anche se mi inquieta, non mi impedirà di passare almeno qualche ora insieme a te, Dafne mia. Il prato del parco è pieno di margherite, come se la Natura volesse donarti un nuovo abito da sposa. Quanto eri bella quel giorno, Dafne mia! Una vera dea, la mia dea! Nefele non era ancora entrata nella mia vita ed ero ancora felice. Continua a tormentarmi, perseguitandomi ovunque io vada; provo e riprovo, ma non riesco a sfuggirle. Non posso niente senza di te. Mi vuole, Dafne mia, ne sono certo. Non ne capisco il motivo, ma so che mi vuole. Vedo i suoi occhi, sento il suo respiro e vedo la sua ombra ogni qualvolta io mi affacci alla finestra; cammino per la strada e lei è lì, è sempre lì. Proteggimi dall’alto dei cieli, mia amata.

11 aprile 1979 – ore 15:00

Nefele è arrivata al nostro appartamento. Finora non si era spinta oltre l’inizio della via, per quanto io ne sappia, ma adesso ha capito dove sono e si è appostata proprio fuori dalla grande finestra della sala. Tranquilla, Dafne mia, sai che non potrei mai tradirti; Nefele è solo una nuvola. Dammi del paranoico, ma quella roba non mi piace. Perché vuole me? Perchè? Non riesco a capire, sembra quasi io le abbia fatto un torto. Che torto, poi? Troppe domande. Ho bisogno di risposte.

15 aprile 1979 – ore 17:55

Non posso più scappare, Dafne mia. Ho montato in salotto il cannocchiale che usavi per guardare i pianeti e ho chiesto alla signora Del Monte il suo binocolo da birdwatching. All’inizio sembrava confusa, ma me lo ha prestato senza riluttanza, dimostrandosi disponibile come sempre. Nefele deve sparire. Ora o mai più. Il finestrone della sala si presta perfettamente all’incarico: siamo al 4° piano ed il balcone è un fedele alleato per studiare Nefele più da vicino. Ti terrò aggiornata, cara.

17 aprile 1979 – ore 6:37

Nefele è già lì. Mi fissa. Mi esamina.

ore 11:00

È fuori dalla scuola, nello stesso punto della prima volta. Sempre lo stesso colore, sempre la stessa freddezza.

ore 13:25

Ho pranzato insieme a lei, guardandola, cercando di non far penetrare dentro alla mia anima il freddo che sprigiona. Ho tirato fuori tutte le nostre vecchie foto e le ho sparse per casa, in modo da avere il tuo rincuorante sguardo come conforto. La signora Del Monte, che gentilmente si è offerta di prepararmi il pranzo, sembrava giù di morale. Che sia un nuovo effetto di Nefele? Proteggimi tu, Dafne, se puoi.

ore 18:48

Ho liquidato velocemente la signora Del Monte (vuole stare con me davvero troppo spesso, sta diventando irritante) ed ho provato a lavorare un po’, ma non pensare che questo voglia dire che ho lasciato Nefele operare indisturbata! Ogni cinque minuti di orologio, il mio occhio vigile scattava come le lancette e si spostava dai libri alla vetrata. Nessun dettaglio rilevante.

ore 21:56

Inizia l’osservazione notturna. Ho acqua fredda e caffè per tenermi sveglio. Ho acceso la lucina che hai voluto installare nel balcone della sala, così riesco a vedere bene Nefele. Ti aggiornerò quando ne sentirò il bisogno.

ore 00:11

Primi segni di cedimento. Acqua in faccia. Ma io capirò cosa c’è dietro. Ce la farò.

19 aprile 1979 – ore 18:23

Perdonami, ma la notte del 17 è stata drenante. Ieri non c’erano aggiornamenti significativi, quindi sarebbe stato inutile raccontarti la mia giornata. Sono da poco tornato da una passeggiata di studio: volevo capire come ragiona Nefele. Sono andato nel prato sotto casa, in una zona abbastanza aperta, ed ho iniziato a camminare dapprima lentamente. Nefele sembrava non muoversi. Ho accelerato, ma ancora la vedevo immobile, come un satellite. Ho provato a correre e le mie conclusioni è la seguente: si muove in base ai miei movimenti; è la Luna della mia Terra.

20 aprile 1979

Impossibile, impossibile, impossibile, ti dico! Ho provato a chiedere agli altri condomini se avessero visto Nefele: la signora Del Monte mi ha detto, cito tali parole, “Riccardo ma che dici? È solo una normalissima nuvola!”. Ti rendi conto? Una “normalissima nuvola”! Oggi c’era un bel sole e il cielo era limpido, come ha fatto a non vedere il colore smorto, malato, tossico di Nefele?! Stessa cosa mi ha detto il signor Volpedo, Carlo del terzo piano e sua moglie, i Molpetta, i coniugi Montante e tanti altri. Alchè, non ritenendolo possibile, sono corso in strada provando a chiedere ai passanti cosa vedessero, ma niente! Mi ignoravano, scacciavano e davano del pazzo. Pazzo! Io! Il professor Riccardo Marchetti! Capisci, Dafne?! I pazzi solo loro! Loro! Loro che non vedono il pericolo di Nefele! Quando saranno i torturati, io farò come Ponzio Pilato.

21 aprile 1979 – 18:00

Oggi c’è vento; pensavo fosse la mia salvezza, il miracolo divino che mi libera dal demonio, ma mi sbagliavo. Nonostante le altre nuvole venissero trascinate come foglie dalla potenza di Elio, Nefele non si è mossa. Non potevo crederci. Era davvero lì per me. Non era solo un caso, come si era permessa di dire quella stupida miscredente della signora Del Monte. Ieri avevo raccolto alcuni sassolini che volevo utilizzare come fermacarte (non hai idea di quanti calcoli e studi io abbia fatto; la casa è piena di fogli, che siano sul muro o sul pavimento, tutti dedicati solo allo studio di Nefele) ma l’emergenza richiedeva misure drastiche. Ad uno ad uno, glieli lanciai addosso dal balcone, credendo che quel mostro avesse un minimo di corporeità, ma lei è, a tutti gli effetti, vapore tossico e corrosivo per la mia anima.

22 aprile 1979- ore 9:37

Non posso uscire di casa. Nefele mi minaccia. Nefele mi vuole morto. Nefele vuole i tuoi fiori. Nefele è ovunque. Ho tolto tutte le foto; lei è gelosa. Nefele. Nefele. Nefele.

23 aprile 1979 – ore 12:55

Mi sono licenziato. Mi occupava tempo prezioso che ora posso dedicare totalmente a Nefele. Non ho ancora toccato i saltinbocca che mi ha preparato la signora Del Monte, ma a che serve mangiare, d’altronde? Devo controllarla. E se, che so, la nuvola implodesse proprio mentre li metto in forno per scaldarli? Oppure potrebbe aver convinto la signora Del Monte a farmi fuori; quella pazza mi guarda sempre in modo strano; potrebbe darsi! Non posso permettermelo, capisci? Anche adesso sto perdendo tempo, ciao.

ore 13:00

Nefele è ferma.

ore 13: 02

Nefele è stabile.

ore 13:05

Nefele mi vuole. Mi fissa. Ha i tuoi stessi occhi.

ore 13:06

Nefele.

ore 13:07

Nefele.

ore 13:08

Perchè non hai la fede al dito? Mi devi nascondere qualcosa? Mi ami ancora? Che ho fatto di male? Dimmelo! Dimmelo, Nefele, ti prego!

ore 20:36

Ho ritrovato il diario sotto alle carte, finalmente! Chissà cosa sarebbe potuto succedere se Nefele lo avesse trovato. Non può sapere quello che sto scoprendo. Mi ammazzerebbe.

 23 aprile 1979 – ore 6:37

Nefele si è svegliata insieme a me. Ha già iniziato il suo pedinamento. Lei non sa, però, che sarà lei a soccombere.

ore 8:09

Nefele Nefele Nefele

ore 10:23

Calma piatta, lo squalo non si muove.

ore 11:55

Scoglio fermo.

ore 13:33

Tossico.

ore 15:46

Fumo. Brucia. Caldo raggelante.

ore 17:53

È iniziata la predicazione.

ore 19:13

Mi sono affacciato al balcone e ho diffuso il verbo. Tutti devono sapere di Nefele. Tutti. Tutti. Guardatela! Guardatela! È lì che vi scruta, che vi studia, pronta a cibarsi delle vostre carni e della vostra mente. Non fatevi ingannare, miscredenti! Temete la potenza di Nefele! Fuggite prima che sia tardi!

ore 21:04

Le guardie! Le guardie! Gli stolti del mio piano mi hanno mandato i carabinieri! Dicevano che stavo delirando, che stavo male! Credono tutti che sia a causa della morte prematura di mia moglie, ma non capiscono niente! Niente! Le guardie volevano portarmi via, ma sono riuscito a persuaderli. Sono ancora in azione. Nefele sarà mia.

24 aprile 1979 – ore 16:33

Quei maledetti hanno interrotto le mie ricerche pensando che un inutile sproloquio potesse convincermi ad abbandonare Nefele. Nulla mi farà abbandonare Nefele! Nulla! Sono così vicino dal sapere la verità, abbandonare adesso sarebbe da idioti. Hanno continuato e continuano a cercare di portarmi via da Nefele, usando il nome di Dafne per convincermi. Dafne non mi serve più a niente, ora ho Nefele. Nefele mi capisce. Nefele mi conosce. È entrata nella mia interiorità e se ne è impossessata. Su Nefele adesso si basa la mia vita. Margherita Del Monte non capisce niente, addirittura si è messa a piangere! Patetica!

25 aprile 1979 – ore 3:18

Finalmente il vero è giunto.

la risposta alle mie pene.

La nube è il mio sommo bene,

che ancor non ho raggiunto.

Presto noi staremo insieme,

presto ci riabbracceremo.

Presto, o mia cara Nefele,

riassaporerò il tuo miele.

ore 7:33

Nefele, amore mio.

ore 13:10

Nefele, anima mia.

ore 15:21

Nefele, mia dea. Il tuo abito come margherite campestri, i tuoi capelli biondi sciolti al vento, i tuoi occhi grigi. Sei bella come il giorno in cui ti ho sposato, mia adorata.

ore 21:19

Oh Nefele, mia unica dea, Margherita Del Monte mi ha fatto visita per l’ultima volta questa sera. Con gli occhi lucidi per provare ad illudermi, mi ha pregato, implorato di rinunciare a te! Ha detto che “sto impazzendo” e che “non sono più il Riccardo che conosceva”. Quel Riccardo è morto e sepolto da sette mesi, se non di più, ma tu, Nefele, lo hai riportato in vita. Hai soffiato su quel fango putrido che ero e lo hai reso tuo servo. Margherita, però, ancora è cieca di fronte a tale evidenza. Povera stolta! Anche solo pensare che lei potesse sostituire la mia ex moglie o, peggio, te. Addio, miscredente! Torna quando sarai convertita al verbo della sola e unica Nefele.

26 aprile 1979 – ore 1:25

Dove vai? Dove fuggi? Mi repelli adesso? Temi che io possa ferirti? Come posso, come faccio? Nefele, Nefele, Nefele mia. Torna da me. Ritorna. Ritorna. Non lasciarmi di nuovo solo. Non posso. Non devo. Non voglio. Seguirò i tuoi capelli biondi in vita e in morte. Sarò tuo vassallo fino alla fine dei miei giorni ed oltre. Sempre e per sempre. Μορε¹, Μωρε²!

Gazzetta di Roma; estratto di cronaca nera del 27 aprile 1979.

È stato ritrovato all’interno della sua vettura, una Fiat 128 verde, il cadavere di Riccardo Marchetti, amato professore di lingua e letteratura greca presso il Liceo Classico Torquato Tasso di Roma. Apparentemente, secondo le testimonianze, durante una folle guida verso la campagna, l’auto è andata oltre il guardrail, precipitando nello strapiombo. Nonostante non siano state riportate lesioni alcune al corpo di Marchetti, la pelle risulta biancastra e gli occhi rivoltati all’indietro; polso, cuore e attività cerebrali sono statiche. Risulta un mistero chi o cosa abbia spinto il professore a compiere un tale gesto, ma l’ipotesi più probabile, date le testimonianze dei vicini, è che sia stato avvolto in un malessere mentale che lo ha portato al suicidio. Causa di tale follia è nientepopodimeno, stando al diario del professore ritrovato nel suo appartamento, un’apparente nuvola “tossica” soprannominata Nefele. Verranno presto avviate le indagini e la polizia cercherà di saperne di più su questo “demone aereo” detto Nefele.

¹: “more”; da móros (destino, rovina, fortuna)

²: “more”, da morós (sciocco, stolto, folle)